Nino Tonelli, oriundo pontremolese, anzi nunziatello, per i suoi genitori nati nel borgo, trapiantati a Milano una cinquantina d’anni fa, come prefigurato destino della “gens lunigianensis” costretta a risalire oltre Cisa per atavico richiamo, oltreché per altre considerazioni, ha esposto i suoi quadri alla Galleria Ciovasso di Milano, il mese scorso.

Le sue mostre Tonelli le prepara in segreto e, quasi pudicamente, si duole di darne notizia agli amici, parenti e concittadini. Con timore, ma con tanta determinazione, i suoi quadri nascono lassù in alto in un quasi grattacielo alle soglie di Niguarda, in una stanzetta appartata alla quale sembra non giungano echi e rumori della metropoli.

E’ alla quarta mostra personale, ma quasi nessuno dei pontremolesi che abitano a Milano lo conosce, perciò io mi propongo di toglierlo dalla quasi clandestinità nei riguardi della nostra Comunità in terra lombarda e di additarlo all’attenzione di tutti. Nino si è creato con il suo puntiglioso lavoro un posto di rispetto tra i pittori lunigianesi e lombardi, per cui non va trascurato da coloro che collezionano quadri dei pittori nostrani. Non per nulla ha avuto presentazioni e citazioni da De Micheli a Portalupi, da Lepore a Mascherpa. La zia sua Melchiorre, istituzione del borgo, interrompeva i nostri giochi con i soldatini di piombo sul terrazzo della sua casa all’Annunziata, affacciata al loggiato soprastante, per gridarci raccomandazioni, così come sgolava il “tantumergo” verso le scalinate in pietra dell’altar maggiore. Io avrei voluto trascinarlo nei nostri giochi più allettanti e pericolosi di ragazzi vissuti fra i colonnati del convento e i biedali del fiume in astuzia e peripezie. Nino però non si poteva coinvolgere. Così come ora. Tira dritto per la sua strada. Non costruisce inganni meravigliosi per gli esteti, non immagini di facile consumo per salotti di coloro che intendono l’arte come frivola decorazione o abbellimento floreale. Le matrici della sua arte trovano humus nell’usuale mondo urbano e nel rito quotidiano.

Il suo metodo di lavoro è solido e convinto. Nino, se decide di dipingere un pavimento di mattonelle, agisce come un abile pavimentatore: pone le sue belle linee in giusta prospettiva eppoi comincia a distendere il colore, a lavorarlo, affinarlo, velarlo, raschiarlo; fintanto che l’immagine affiora nitida e brillante nel rispetto e nell’ostinazione, più che nella finzione, della realtà. Nella sua scelta pittorica c’è quasi una spietata ricerca di relitti urbani, ancor più che di testimonianze oggettive attuali; nella composizione una rigorosa geometria che non si riflette al prorompere degli spazi, raramente cedevole al sentimentalismo e al compiacimento; nel colore una adesione a quelli della realtà più che all’obbligo di una preordinata tavolozza, filtrati e trattati da sapiente tecnica. Quel po’ di intransigenza che mi pare affiori, lo pone in diretta reazione ai facili gusti del post-impressionismo, dell’astrattismo fatuo e inconsistente, del pittoricismo decadente. Da queste forme di discendenza neorealista, innescate da una motivazione ideologica, che certamente deve essere posta a una distanza di rispetto, ne dovrebbe conseguire una lettura o messaggio, che però, può leggersi anche al contrario.

Nei quadri di maggior dimensione ed impegno, si avverte, assieme alla bellezza della materia, alle suggestioni nascoste, un desiderio di attualizzazione del discorso, che mi pare appunto frenato da remore neorealiste.

Nei quadri di misura ridotta, o miniquadri, si rilevano negli aspetti del paesaggio urbano, quasi relitti di una situazione post-bellica, ove le scritte sui muri, fedelmente riportate non aggiungono la desiderata attualizzazione.

Questi miniquadri hanno nella mossa pittorica ricordi di vedutismo veneziano anche come colore-luce che li caratterizzano e li trattengono sul versante del tonalismo, contrariamente ai grossi quadri, ove, il discorso luce-colore, si fa più pregnante e tende al versante del timbro, con qualche accenno, perfino, di optical-art.

Danilo Pinotti – Pontremoli, 7 novembre 1981 – Il Corriere Apuano