Presentazione della mostra personale alla Galleria Ciovasso

Fedele alla linea espressiva e alle tematiche che ne hanno distinto l’opera sobria e rigorosa fin dagli esordi, Tonelli continua a sviluppare la sua iconografia povera, che negli anni delle più accese battaglie ideologiche aveva una chiara coloritura d’impegno politico e che in ogni caso rivela una forte matrice “popartistica”.

L’occhio attento alla realtà minuta come condizione ambientale – situazioni, luoghi, oggetti tra i più esistenzialmente modesti ci sia dato d’incontrare – e portato irresistibilmente verso l’aspetto della decadenza di tale realtà – il relitto, il rifiuto, lo scarto, il giornale di ieri ormai stropicciato, il secchio ammaccato, l’ombrello rotto, la spazzatura infine, ciò che aveva un senso nell’utilizzo quotidiano e subito dopo non l’ha più – non si pone tuttavia in attitudine critica nei riguardi del consumismo (si tratta anche di un consumismo dappoco, artigianale, non oppresso dal mare della plastica, ma appunto perciò più antico e crudele, travolgendo anche il frutto e il fiore), quando nel più ampio respiro della riflessione sulla vita delle cose e sul loro assumere vita anche se staccate dalla proprietà del decoro e della dignità della funzione.

Tanto è vero che questo trash – per rifarci al titolo del film che costituisce uno dei vertici del pop art – non tende a rappresentarsi secondo espedienti iperrealistici, ma tende al contrario verso la natura morta, quella secentesca, al limite del trompe-l’oeil. La poesia della pittura di Tonelli sta nel contrasto fra la volgarità degli oggetti e dell’ambiente, il ribrezzo che genera il loro farsi rifiuto e, dall’altra parte, la delicatezza e la grazia di certe presenze coinvolte nel comune destino di corruzione e di morte: si guardi ai frammenti di rifiuti che si ammucchiano sui chiusini delle strade, lungo gli scoli dei marciapiedi, non per segnalarne con un brivido l’aspetto ripugnante, ma per recuperarli come palpito, nel loro essere ancora, e in ogni modo, cose.

Nelle ultime opere gli aspetti ripugnanti o squallidi tendono a sublimarsi in una sorta di decorazione simbolica: la carta spiegazzata assume la struttura di un fiore; la testa del gallo sgozzato ha la nobiltà della testa di un San Giovanni posta in un vassoio. Tanto è vero che sempre più l’artista tende a isolare le immagini entro forme circolari, secondo l’antica consuetudine del tondo. In ambienti privi di presenze umane e animali, la pittura di Tonelli – analitica, ferma, con predilezione per i toni scuri ma non fredda né rigida e anzi aiutata da una tecnica sapiente a effetti come di vaporoso respiro – testimonia di una sorta di disincantato animismo. L’inquietudine che ci procura è in questo suo stare tra l’assillo della decadenza e la certezza del pervicace esistere delle cose, del premere della loro presenza una volta che sono state.

Rossana Bossaglia – Milano, gennaio 1987