Organizzata dall’UCAI di Milano presso la Famiglia Artistica Milanese. 1996.
Antonio Tonelli è l’artista di cui parleremo questa sera: è nato nel 1934 a Milano ed è fondamentalmente vissuto sempre a Milano. È però a suo modo a parer mio un viaggiatore, però più un viaggiatore nel tempo che nello spazio. Un viaggiatore nel tempo perché ha attraversato con grande attenzione, e rendendo sempre testimonianza con il proprio dipingere, le situazioni che hanno avuto come fulcro Milano negli ultimi trenta-trentacinque anni. Il fatto che sia definito da me un viaggiatore nel tempo non significa però che non sia anche un viaggiatore nello spazio, perché Tonelli è persona che non di rado si è recato nella zona nord dell’Europa, dove ha osservato gli esiti delle arti visive, e questa sua osservazione attenta, sistematica, culturalizzata è uno dei primi elementi sui quali intendo richiamare l’attenzione perché è un elemento del quale non che non se ne sia mai parlato (me ne ha parlato del resto lui) ma è uno dei fattori costitutivi da tenere ben presenti quando si guardano i suoi dipinti. Dicevo che è un osservatore attento, culturalizzato, che fa questa sua prerogativa o questa sua qualità ha fatto da molla e che diventasse uno dei riferimenti culturali di una nuova rivista letteraria, che si interessa delle arti visive, “Contro Corrente”[i], che da qualche mese, con più di un merito, circola nel Nord Italia (può darsi che circoli anche altrove, ma non essendo io un viaggiatore né del tempo né dello spazio, non sono in grado di affermarlo a ragion veduta).
Tornando al lavoro di Tonelli si deve accennare anche ad altri fatti che mi sembrano da una parte costitutivi del suo lavoro e d’altra parte anche relativi a questa sua passione per il nord Europa, collegando anche il Nord Est a certe sue sollecitazioni interiori e a certi suoi modi di approcciare la realtà. Fattori che mi pare non siano nell’evidenza che meriterebbero in quanto è stato scritto di lui, anche da autori di tutto rispetto che di lui hanno scritto.
Queste caratteristiche sono una tendenza di Tonelli all’illustrativismo, ma una illustrazione in senso nobile del termine, che significa un cercare di conoscere e di parlare della realtà, di ciò che sta attorno. Può capitare, e sembra che sia capitato in questi ultimi anni in concomitanza con la caduta delle ideologie, di imbattersi anche in sé stessi. A me sembra che ad Antonio Tonelli questo sia capitato. Una illustrazione dunque nobile nel senso che pur avendo incontrato dei gatti e delle volpi nel corso della sua attività artistica, Tonelli è sempre riuscito a districarsi dalle trappole che questi gatti e queste volpi gli venivano apprestando. È una storia un po’ fatale questa: quando un essere umano mostra di avere delle qualità, è abbastanza difficile che non ci siano degli altri esseri umani che tentano di strumentalizzarlo più o meno intensamente, insomma di farlo diventare braccio che esegue ciò che loro desidererebbero che lui realizzasse. In questa lotta continua mi sembra che Tonelli se la sia cavata piuttosto bene, andando a scegliere cioè di diventare il braccio che illustrava quello che gli stava a cuore. Fino a che non ha incontrato in questo lavoro di peregrinazione attorno a sé anche sé stesso, e allora nei lavori degli ultimi anni cerca di entrare mi pare soprattutto in sé stesso, tentandolo, e molto spesso riuscendoci, di arricchire via via il suo bagaglio pittorico, in modo che una di quelle che sono le caratteristiche die viaggiatori nel tempo, cioè di scandire la propria attività da mutamenti tematici. C’è sotto questo succedersi di argomenti del lavoro di Tonelli, un movimento più lento ma più consistente di arricchimento pittorico, di specificazione di cosa sia il dipingere che non coincide (a volte cadere a metà magari di un mutamento tematico) con l’adozione di soluzioni via via più specifiche allo strumento visivo che Tonelli impiega. Il portare avanti una dialettica fra il piatto, fra la forma che occupa senza particolari messe a fuoco tutta la superficie dipinta, e una forma che tende al profondo, usando uno strumento collaudato nei secoli che è quello della prospettiva, per simulare sulla superficie bidimensionale del dipinto lo spazio profondo, con delle modificazioni nel tempo che sono estremamente interiorizzare: le prospettive realizzate da Tonelli, per esempio, quattro temi fa sono molto diverse dalle prospettive che dipinge attualmente, così come dei riferimenti che lui abbastanza frequentemente mette nei dipinti come la presenza di carta stampata negli anni passati, sempre nei già citati quattro temi fa, erano suggeriti e caratterizzati molto diversamente dia dipinti recenti. Direi ancora che a me pare che una scelta fatta da Tonelli a favore del dipingere su masonite, cioè su una superficie ruvida, è estremamente connessa a queste cose che ho cercato di dire, nel senso che la tendenza illustrativa di Tonelli ha come bisogno di una rispondenza in un supporto rigido che si scontri in qualche modo con il pennello e con gli strumenti per segnarci sopra. La superficie della tela, benché la razionalizzazione sua dei motivi per cui dipinge su masonite sia molto diversa da quella che sta facendo ora e sia assolutamente attendibile, da prendere sul serio: lui tende a privilegiare alcuni argomenti che motivano e giustificano questa sua scelta per la masonite, io ne prediligerei invece degli altri. Il suo è un tipo di immagine che lui persegue e che ha trovato una sua soluzione sufficiente nell’uso della masonite.
[i] Rivista fondata a Milano da Gianni Pre.